LA PAROLA AL PARROCO, 11 maggio 2025

VIVERE… E’ RISPONDERE

Una delle più intense soddisfazioni della vita è sentirsi “chiamati”, da una “voce” importante, per una grande missione. Al contrario, uno dei drammi peggiori che possa capitare ad un essere umano è ritrovarsi confuso sul progetto a cui affidare il proprio presente e il proprio futuro. Una sofferenza che può avere ricadute incalcolabili sui comportamenti e sullo stile di vita, proprio perché intacca alla radice la percezione che uno ha di se stesso, del proprio bisogno di “esserci con un senso”, e, dunque, di stare al mondo per un “compito”.

Quella del “come spendere” il “capitale” della propria vita è, per tutti, evidentemente, la questione fondamentale. E’ il problema della vocazione. Cioè della risposta ad una chiamata. Un rischio inevitabile ma esaltante. Un appello che circoscrive, certamente, la nostra esistenza dentro uno spazio preciso, ma allarga i nostri orizzonti al di là dei confini del mondo, e li spalanca su destini che traboccano di eternità. Un’avventura meravigliosa.

Se raccogliamo la sfida e proviamo a rispondere: agli altri e ai loro bisogni, al mondo e alle sue attese, alla Chiesa e alle sue urgenze, a Dio e alla sua volontà. Vivere è rispondere. Ad una chiamata, appunto. Per una missione. Subito. Sempre. Per non deludere la stima di Colui che ci chiama. Per non disattendere le speranze di coloro che aspettano la nostra risposta. Per non sfuggire alla responsabilità di dover essere fecondi in questo segmento di storia. Per non sciupare la “grazia di esserci”. Ma soprattutto per vivere come Gesù: obbediente al Padre fino alla morte… e alla morte di croce.

A ben vedere, si intuisce proprio la figura del Crocifisso, dietro le due coordinate della vocazione cristiana: la chiamata e la risposta. La chiamata, infatti, viene dall’alto, cioè da Dio. La risposta, invece, si sviluppa in senso orizzontale, cioè nel servizio al prossimo. Unite tra loro, disegnano la croce. Quella di Gesù. L’unica sopportabile. L’unica amabile. L’unica di cui si possa dire che è “talamo, trono ed altare”. L’unica, cioè, in grado di innescare un incredibile amore sponsale. L’unica abbastanza convincente per fidarsi del teorema evangelico secondo il quale… servire è regnare. L’unica idonea a trasformare ogni nostro respiro in un’offerta volontaria e gradita a Dio… senza nulla concedere al vittimismo.

Una giornata dedicata alla “vocazione”, è un’opportunità da non sciupare. Ogni anno, nella 4ª domenica di Pasqua, cosiddetta “del buon Pastore”, la Chiesa ingaggia preti, religiosi e religiose, famiglie ed educatori: per testimoniare, “in pensieri, parole, opere… e senza omissioni”, la misteriosa trama di un Amore che pensa a tutti ed ha un progetto per ciascuno. Per sussurrare, senza timidezze, agli orecchi ipersensibili delle nuove generazioni, angustiate da mille incertezze e, non di meno, da infiniti desideri, che “perdersi” alla sequela di Cristo è l’investimento più interessante e produttivo della vita.

Papa Francesco, per l’occasione, ha scritto e inviato il suo Messaggio dal Policlinico Gemelli il 19 marzo scorso; il titolo è emblematico: “Pellegrini di speranza: il dono della vita”. Una sorta di testamento spirituale. Dunque… non c’è scampo: vivere è rispondere!

Ultimo aggiornamento: 10 Maggio 2025