LA PAROLA AL PARROCO, 15 giugno 2025

REFERENDUM O REFERENDA?

Ora che lo scrutinio delle schede ha sancito il voto (e il non-voto) degli Italiani e nessuno può accusare il parroco di voler interferire e condizionare le scelte dei fedeli in merito ai quesiti referendari, mi consento la libertà di condividere qualche considerazione… da cristiano e da cittadino, oltre che da prete.

Alla Chiesa si rimprovera, infatti, di occuparsi di politica solo per tutelare i propri interessi; e di fare appello alla coscienza dei Cattolici esclusivamente sulle questioni della bioetica (eutanasìa, aborto, procreazione medicalmente assistita…); di pronunciarsi esplicitamente contro le minacce al matrimonio “tradizionale” (divorzio, unioni di fatto…) e di ignorare tutti – o quasi – gli altri problemi della società.

Dei cinque “referendum” (il latino plurale di genere neutro esigerebbe, per la precisione, la locuzione: “referenda”) sottoposti al giudizio degli Italiani l’8 e il 9 giugno scorsi, nessuno si riferiva all’area dei cosiddetti “valori sensibili” per il Cattolicesimo: eppure… i cittadini cristiani avrebbero dovuto intuire che la posta in gioco era alta, almeno proporzionata al paradossale e pericoloso silenzio dal quale sono stati “protetti” gli interrogativi referendari, quattro dei quali riguardavano il lavoro e i lavoratori, su argomenti quali il precariato, la tutela per chi lavora nelle piccole imprese, la risoluzione illegittima del contratto e la sicurezza.

Temi scottanti, rinviati quotidianamente all’opinione pubblica dalle drammatiche notizie sulle vere o presunte crisi aziendali oltre che sulla tragica sequenza degli infortuni mortali che si consumano in fabbrica, nei campi, nei cantieri… non solo in Italia e in tutto il mondo, ma anche nei nostri paesi di provincia.

In realtà, dall’enciclica “Rerum novarum” (“Delle cose nuove”) di papa Leone XIII (1891) la Dottrina sociale della Chiesa si è fatta direttamente carico del mondo del lavoro, prendendo posizione in maniera coraggiosa e pionieristica sulle condizioni delle masse operaie, condannando tanto il capitalismo selvaggio quanto il socialismo rivoluzionario, rivendicando per i lavoratori un salario giusto, il diritto al riposo, la libertà di organizzarsi in sindacati, e soprattutto il riconoscimento della loro dignità. Un magistero che ha ispirato la scelta del nome e l’indirizzo del pontificato in Leone XIV, come lui stesso ha spiegato al Collegio cardinalizio all’indomani della sua elezione:

«Papa Leone XIII, con la storica enciclica “Rerum Novarum” affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande Rivoluzione industriale. Oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di Dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».

Dunque, in un mondo (al quale – non è chi non veda – appartengono anche Calcio, Pumenengo e Torre Pallavicina) segnato da diseguaglianze, sfruttamento del lavoro e nuove forme di povertà, il nome scelto dall’attuale pontefice non è solo simbolico, ma una dichiarazione d’intenti. Perchè – come scriveva Leone XIII – «il lavoro non è una merce, ma una parte essenziale della dignità dell’uomo».

Ecco, a me pare che la partecipazione alla recente tornata referendaria – quali che fossero le preferenze di voto di ciascuno – sarebbe stata un segno di responsabilità, di cittadinanza attiva e perfino di “sintonìa” con le intenzioni e le preoccupazioni del Successore di Pietro. Peccato sia accaduto il contrario! Non indago le ragioni dell’astensione, ma non voglio pensare che, tra gli astenuti (a Calcio hanno votato il 22,60 % degli aventi diritto, a Torre Pallavicina il 16,54 %, a Pumenengo il 19,75 %), i Cristiani abbiano disertato le urne per pigrizia, per negligenza o, peggio ancora, per indifferenza ai problemi dei lavoratori e quindi al dramma dei disoccupati di oggi e… di domani, nel numero dei quali potrebbero precipitare – a sorpresa – loro stessi, e, in un futuro non troppo lontano, i loro figli e nipoti, penalizzati – come avvisa Leone XIV – dagli inarrestabili «sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».

Sulla concessione della cittadinanza italiana agli stranieri maggiorenni, ultimo dei quesiti referendari e altro cruciale problema umano, mi riservo la libertà di esprimere il mio pensiero in altra occasione.

Semmai qualcuno ne fosse incuriosito.

Ultimo aggiornamento: 16 Giugno 2025