LA PAROLA AL PARROCO, 27 luglio 2025

UNA PORZIUNCOLA… DI INDULGENZA ANCHE PER NOI

Proprio nei giorni in cui i giovani di tutto il mondo (tra i quali 20 della nostra Unità Pastorale guidati da don Michele “assediano” Roma per celebrare con papa Leone XIV il loro Giubileo – attraversando la Porta Santa, professando insieme la fede sulla tomba dell’apostolo Pietro, confessando i propri peccati e accostandosi all’Eucarestia – anche noi “anonimi cristiani” di periferia, senza abbandonare i nostri paesi soffocati dall’afa, veniamo sollecitati ad “approfittare” della misericordia di Dio elergita, ogni anno, all’alba del mese di agosto, mediante l’antica e popolarissima “indulgenza della Porziuncola”.

Strano invito, però: che non “cade” a ridosso di nessuna particolare festa liturgica e ripropone una “esperienza” spirituale che molti credenti, oggi, considerano morta e sepolta: l’indulgenza, appunto. Il riferimento all’ambiente francescano ne richiama immediatamente l’origine, nel tempo e nello spazio: fu proprio san Francesco d’Assisi, infatti, che, nel luglio 1216, chiese al neo-eletto papa Onorio III di concedere la remissione della pena dei peccati, per tutta la vita precedente, a quanti, uomini e donne, si fossero recati nella cappella della Porziuncola, confessandosi e facendo penitenza. Perché proprio alla Porziuncola? Perché la chiesetta (così chiamata perchè costruita su una “piccola porzione” – una porziuncola, appunto di terra) aveva avuto un ruolo fondamentale nel cammino di conversione e di ascesi del Serafico: qui egli aveva deciso di seguire il Vangelo “alla lettera”; qui aveva accolto i primi seguaci; qui aveva rivestito Chiara dell’abito monastico; qui aveva convocato le prime assemblee generali (i “capitoli”) dei suoi frati; qui aveva ricevuto, da una visione, l’ispirazione stessa dell’indulgenza. E qui vorrà essere portato in prossimità della morte.

Quella di san Francesco al Papa fu una richiesta davvero audace, al limite dell’indecenza: poiché i luoghi deputati alla pratica indulgenziare erano, ai tempi, solo i grandi santuari di Roma, Santiago di Compostela e Gerusalemme. Deve essere stata davvero notevolissima l’impressione esercitata dal Penitente di Assisi sul pontefice, che gli concesse, contro il parere dei cardinali e dei suoi consiglieri, la “perdonanza”, legandola alla “visita” di una chiesa tanto modesta, insignificante e sconosciuta (allora, evidentemente, non era custodita, come in uno scrigno, dalla grandiosa basilica di S. Maria degli Angeli), fissandone la data il 2 agosto, memoria della dedicazione del piccolo tempio.

Ma… cosa significa “indulgenza”? A cosa serve? Non è sufficiente la confessione sacramentale per essere liberati dal peccato? Le domande sono impegnative e le risposte presuppongono la fede… Senza la quale è difficile intuire quanto serie siano le conseguenze del male in noi, anche dopo il sacramento del perdono, che certamente libera dalla colpa ma non dal vizio e dai suoi effetti. Una metastasi da arginare con l’immissione della “vita nuova in Cristo”, ma anche con l’aiuto dei fratelli e delle sorelle che hanno lasciato «dietro di sé una sorta di sovrappiù d’amore, di letizia, di sincerità e di verità, che prende anche gli altri, li accompagna e li sostiene» (J. Ratzinger, Immagini di speranza). Una meravigliosa solidarietà ed un’originale comunicazione nei “beni” spirituali: partecipati anche a me che, benchè peccatore, sono pur sempre membro del Corpo di Cristo, cioè della Chiesa. Un’iniezione di grazia, insomma, un “dono speciale” di liberazione dagli effetti del peccato: adesso e nell’eternità.

Ha scritto papa Francesco nella Bolla “Spes non confundit” per l’indizione del Giubileo 2025: «L’indulgenza permette di scoprire quanto sia illimitata la misericordia di Dio… Il sacramento della Penitenza ci assicura che Dio cancella i nostri peccati… Lì permettiamo al Signore di distruggere i nostri peccati, di risanarci il cuore, di rialzarci e di abbracciarci, di farci conoscere il suo volto tenero e compassionevole… Tuttavia, come sappiamo per esperienza personale, il peccato “lascia il segno”, porta con sé delle conseguenze: non solo esteriori, in quanto conseguenze del male commesso,
ma anche interiori, in quanto “ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato purgatorio”… Dunque permangono, nella nostra umanità debole e attratta dal male, dei “residui del peccato”. Essi vengono rimossi dall’indulgenza».

Se il significato e le ragioni dell’indulgenza ci risultano sufficientemente convincenti, deve esserci soprattutto chiaro che è da incoscienti non approfittare di una simile grazia, da regalare a noi stessi o a qualcuno dei nostri Cari defunti!

Ultimo aggiornamento: 26 Luglio 2025