LA PAROLA AL PARROCO, 2 novembre 2025

PIETA’ E RISPETTO PER I MORTI


Nelle brevi e banalissime riflessioni proposte durante la Novena dei Defunti a Calcio su “I segni della fede e della preghiera cristiana per i Morti”, ho esordito focalizzando l’attenzione sulla “processione”, sottolineando il valore spirituale e il significato simbolico di un gesto – l’accompagnamento della persona defunta dall’abitazione fino alla chiesa e dalla chiesa al Cimitero – che resiste immutato nelle nostre Comunità, quasi come un “privilegio”.

La consuetudine, infatti, è scomparsa in molte parrocchie, impoverite di un rito pubblico eloquente, rivelativo – anche e soprattutto in una società secolarizzata come l’attuale – della nostra comune vocazione di “pellegrini nella speranza”, incamminati verso la vera patria, la Gerusalemme celeste. Ho anche confessato, tuttavia, una certa amarezza, nel constatare, durante la processione esequiale, la penosa mancanza di riguardo nei confronti dei Morti e delle loro famiglie: mi riferisco agli autisti, ai motociclisti, ai ciclisti e perfino ai pedoni che, al passaggio di un corteo funebre, non interrompono la corsa ai loro urgentissimi affari neppure per i pochissimi minuti necessari al transito del feretro; penso anche a quegli adulti che, conversando comodamente seduti ai tavolini antistanti una gelateria o un bar, neppure si sognano di rendere, alla memoria del Defunto e al dolore dei suoi famigliari, l’omaggio di un istante di silenzio o un gesto di pietà come alzarsi in piedi e togliersi il cappello.

Regole antiquate? Pretese da “bigotti”? No, la fede non c’entra. E’, piuttosto, un problema di rispetto. Chi non si ferma all’incedere di un funerale, e non si toglie il cappello davanti ad un Morto, è solo un gran maleducato! Saccenterìa e dabbenaggine procedono sempre in coppia; grossolanità e ignoranza le seguono a ruota. Un cristiano, poi, se incontra il feretro lungo la strada, non solo si ferma e si toglie il cappello (e fin qui si tratta solo ed esclusivamente di buona educazione), ma si “segna” con la croce e, silenziosamente, recita una preghiera. Rincuora, tuttavia, constatare che talvolta, a comprendere il carattere umanissimo e sacro di una processione funebre, ritirandosi al suo passaggio con pudore e riverenza, siano almeno… gli Stranieri.

Ho anche cercato di spiegare – nelle brevi e banalissime riflessioni della Novena – quanto valore abbia e quanto onore meriti, per i credenti, il “corpo” nonostante il decesso, benchè cadavere quindi, e malgrado sia destinato alla dissoluzione o alla cremazione; quale gloria sia promessa alla carne di coloro che muoiono in Cristo. Come non debba essere concesso alla morte il diritto né “culturale” né “legale” di assimilare la salma ad una “carcassa”. Come sia sbagliato e fuorviante trattare sbrigativamente i resti mortali quasi fossero “scarti”. E come sia giusto e doveroso, invece, che le ceneri dei Defunti passati attraverso il fuoco, siano deposte al cimitero, ovvero al camposanto, e non trattenute in abitazione o, peggio ancora, sparse in qualche angolo del mondo. La speranza cristiana ci proietta verso l’eternità non solo con l’anima ma anche con il nostro corpo: la salvezza promessa nel Crocifisso risorto è integrale, completa, cioè spirituale e carnale. Il cimitero non solo non è una discarica di rifiuti umani, ma neppure la “città dei Morti”: rappresenta, piuttosto, lo spazio visibile nel quale la Chiesa pellegrinante (cioè noi) si prende cura ed entra in contatto con la Chiesa purgante (i nostri Defunti), mentre l’una e l’altra, in comunione con la Chiesa trionfante (i Santi), attendono la risurrezione, ovvero il compimento della pasqua del Signore.

Custodire in casa le ceneri dei nostri Congiunti sembrerebbe un atto di affetto, di protezione quasi, un estremo tentativo per ovviare alla solitudine in cui li ha precipitati la morte: in realtà finiamo per trattare i nostri Defunti come fossero “oggetti” a nostra disposizione. No. Un sentimento sincero ed un legame profondo non bastano a giustificare la pretesa di “possedere” e “manipolare” a piacimento i Morti. A maggior ragione la dispersione delle ceneri – ancorchè richiesta dal morente – è assolutamente fuori dalla logica della fede. Il gesto, infatti, veicola un messaggio drammatico e disperato: “Tu non esisti più, e la tua storia, i tuoi amori, i tuoi sacrifici, i tuoi sogni… sono finiti nel nulla. La tua vita è stata una fatica inutile, polvere al vento…”. No. Nessuno merita di essere “nientificato” in questo modo!

Ultimo aggiornamento: 1 Novembre 2025